L’automotive del futuro sarà un ecosistema della mobilità

Aziende e lavoro nel settore automotive subiranno profondi cambiamenti nei prossimi decenni sulla scia della transizione ecologica. Ne parliamo col prof. Francesco Zirpoli, professore di Economia e Gestione delle imprese all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, e chair della sessione “Implicazioni socio economiche di una transizione necessaria e urgente” alla conferenza “La transizione ecologica del sistema automotive”.

Quali fattori incideranno maggiormente sulle strategie e sulla vita delle aziende che compongono il tessuto automotive italiano? «Sono quattro gli elementi che stanno determinando forti cambiamenti: il progresso tecnologico, la modificazione quantitativa e qualitativa della domanda e dell’offerta di auto e infine la normativa riguardo l’introduzione di auto a zero emissioni. Questi elementi stanno mutando tutti assieme e ciò genera molta incertezza».

Proprio dal punto di vista normativo ci sono novità recenti. «Il Consiglio Europeo ha appena confermato lo stop ai veicoli a combustione interna nel 2035, già oggetto di votazione del Parlamento Europeo ad inizio giugno. Queste norme accelereranno la transizione tecnologica e contribuiranno a modificare le dinamiche della domanda di veicoli ad emissioni zero, siano essi elettrici siano alimentati ad idrogeno.»

IL PROGRAMMA DE “LA TRANSZIONE ECOLOGICA DEL SISTEMA AUTOMOTIVE”

Più in generale, la transizione ecologica provocherà modifiche ai nostri stili di vita. In che modo stanno cambiando? «Molti studi ci dicono che c’è una tendenza a preferire l’uso di mezzi pubblici, soprattutto nelle grandi città e per alcuni gruppi generazionali, come i giovani tra i 20 e i 30 anni. Inevitabilmente ci saranno conseguenze sulla domanda di auto. Inoltre, anche l’offerta si adeguerà, soprattutto nella gamma di servizi offerti: siamo abituati a pensare all’automotive come un settore industriale, invece sarà sempre più un ecosistema della mobilità.»

Tutto ciò avrà conseguenze sulla filiera e sui posti di lavoro. «Sicuramente. A partire dalle nuove competenze che saranno necessarie per sviluppare e produrre i veicoli elettrici. Tuttavia, la transizione è ineluttabile quanto necessaria per abbattere le emissioni. È opportuno, quindi, concentrarci su come far transitare il maggior numero di posti di lavoro attuali nel nuovo sistema automotive, limitando gli impatti negativi sull’occupazione e cercando di sfruttare le nuove opportunità».

Nel suo intervento alla conferenza del 7/8 luglio “La transizione ecologica del sistema automotive”, delineerà lo stato dell’arte della filiera italiana dell’automotive di fronte alla transizione ecologica. Ci può dare qualche anticipazione? «La filiera italiana è caratterizzata da una frammentazione più ampia rispetto a quella di altri paesi europei ed è composta in prevalenza da aziende di piccole dimensioni. Proprio la piccola dimensione aziendale determina una minore propensione agli investimenti in R&D, che invece in momenti di cambiamento sono centrali. Un altro tratto che metterei in evidenza è la dipendenza da Stellantis (e prima da FCA) del settore automotive italiano: in Piemonte, nel Sud Italia e in parte anche in Lombardia questo è molto evidente, rendendo le aziende sensibili alle decisioni della multinazionale. La Toscana da questo punto di vista è un caso a parte perché i grandi insediamenti presenti in regione non sono collegati prevalentemente a Stellantis. Infine c’è il Nord Est, con una forte tendenza all’export, ma fortemente integrato nel settore automotive tedesco, fattore che lo rende sensibile al trend decrescente dei livelli produttivi degli stabilimenti tedeschi.»

Luca Della Maggiora