Semiconduttori: il caso dell’automotive visto da vicino

Il 2021 si era chiuso con una contrazione del mercato auto dovuta alla mancanza di chip per i veicoli: si parla di una riduzione tra i 6.3 e i 7.1 milioni di unità. Sembra che tale dinamica caratterizzerà anche il 2022. Parliamo dell’attuale “crisi della fornitura dei semiconduttori” con il Prof. Sergio Saponara, docente di “Elettronica per i veicoli” presso l’Università di Pisa.

Professore, a cosa è dovuta la mancanza di semiconduttori? Le case automobilistiche lavorano con una catena di rifornimento just in time, che punta a minimizzare la creazione di scorte di magazzino. Così, quando è esploso il Covid 19 ed è stata prevista una contrazione del mercato auto, le case automobilistiche hanno ridotto, e in alcuni casi disdetto, gli ordini di chip. Quando, nel secondo semestre del 2020 il mercato ha ripreso e i costruttori auto hanno proceduto a nuove ordinazioni, orami era troppo tardi.

Perché? Perché la minore domanda di chip per auto è stata compensata dalla domanda di chip per pc, tablet e altri beni tecnologici, che il covid ha accentuato: le fabbriche di semiconduttori lavoravano già a pieno ritmo. A ciò c’è da aggiungere che i chip auto devono sottostare a severe norme di verifica e sicurezza, che impongono tempi di produzione e fornitura  tra i 5 e i 6 mesi. Se a ciò si aggiunge la penuria di materie prime, ecco perché ci troviamo in questa situazione.

Oltre ai fattori esterni, quali caratteristiche delle aziende produttrici di semiconduttori contribuiscono all’attuale situazione? La produzione di semiconduttori è un settore con forti barriere economiche all’entrata: una macchina litografica ASML può costare fino a 175 milioni di dollari, e ne servono 20 per costruire un impianto con grandi volumi produttivi. Questo ha due conseguenze: ci sono poche aziende nel settore e bisogna rivolgersi a quelle; inoltre, esse lavorano sempre alla massima capacità proprio per ammortizzare gli alti costi di entrata: c’è quindi poca flessibilità per adattare la produzione a picchi temporanei della domanda.

C’è altro? Sì. Il settore è caratterizzato da un’alta divisione del lavoro e presenta altissimi livelli di sviluppo tecnologico, ciò è dovuto alle continue pressioni del mercato per prodotti sempre più sicuri e all’avanguardia. Questo determina una carenza di personale e di partners nella produzione, tali da rendere anche i rapporti tra aziende statici, sfavorendo  il cambio di fornitori o collaboratori quando necessario.

Insomma un settore vitale ma fragile, per ragioni interne e fattori esterni. Anche l’Europa sembra aver capito questo e ha lanciato lo “European Chips Act” con l’obiettivo di arrivare al 20% di produzione UE di semiconduttori per il 2030 (oggi siamo al 10%). Secondo lei, quali sono gli ostacoli principali che potrà incontrare questa iniziativa? L’European Chips Act è sicuramente un’ottima iniziativa per ridare forza in Europa nel settore dell’elettronica, un settore strategico per tanti settori industriali, tra cui quello dei veicoli. Non basterà pero solo mobilitare le ingenti risorse finanziare necessarie (si parla di 43 miliardi di Euro tra investimenti pubblici e privati secondo i meccanismi delle Joint Undertakings), ma sarà fondamentale anche che i paesi Europei si coordinino  per superare i rischi legati alla burocrazia, alla frammentazione degli investimenti tra oltre 20 nazioni, alla carenza di risorse (materie prime, energetiche).

Automotive microchip e il chip shortage – Prof. Sergio Saponara (UNIPI)