La sostenibilità della transizione energetica e tecnologica per l’automotive regionale

 

«L’accelerazione dei processi di trasformazione green e digitale costituiscono un elemento di forte novità e una sfida per l’automotive toscano» dichiara il prof. Riccardo Lanzara che per Movet ha realizzato “La sostenibilità industriale della transizione. I risultati di un’analisi qualitativa in Toscana”, pubblicato in “Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2021”.

Già nel 2019, Lanzara e Movet avevano condotto uno studio sul comparto automotive presente in regione toscana, evidenziando una spaccatura tra grandi player internazionali e piccole imprese che spesso forniscono solo capacità produttiva. Proprio quest’ultima, unita alla flessibilità delle PMI, aveva reso il “sistema Toscana” attrattivo per le multinazionali del settore, che potevano avvantaggiarsi anche del capitale umano qualificato formato negli atenei presenti sul territorio.

Il report 2021, tuttavia, introduce elementi nuovi in questaanalisi e, in particolare, cerca di comprendere la sostenibilità della transizione industriale per l’automotive regionale. «La prima questione che si pone è se, alla luce dei cambiamenti in atto, esistano ancora nella Regione Toscana quei vantaggi localizzativi che hanno favorito i processi localizzativi di unità produttive e di centri di ricerca delle multinazionali della componentistica automotive. Con altre parole, la transizione tecnologica in atto è in Toscana industrialmente sostenibile? – spiega Lanzara e continua -. Un secondo punto di domanda è se in realtà esistano i presupposti per delineare un sistema di supporto costituito da imprese che possano agevolare e favorire il cambiamento cui sono sottoposte le multinazionali, dando vita così un nuovo fattore di attrattività territoriale». Lo studio, di tipo qualitativo, ha preso in esame i tre grandi player (Vitesco, Magna Closures e Pierburg Pump Technology) e alcuni componenti potenziali del sistema di supporto.

Anche per le major toscane, il cambio tecnologico pone due grosse sfide. La prima è il reskilling degli addetti che saranno coinvolti nella produzione di componenti auto completamente diversi, poiché più digitalizzati e progettati per il motore elettrico e non endotermico. Contemporaneamente, le aziende dovranno investire nella riconversione dei loro impianti industriali. «Il processo di trasformazione tecnologica verso autoveicoli ‘green’, rende inutilizzabili non solo molti componenti del veicolo tradizionale ma anche, come ovvio, i relativi processi di produzione. Tale cambiamento sta riguardando non solo l’unità presente in Toscana, ma tutte quelle appartenenti ai tre gruppi multinazionali. Tutto questo lascia intendere che stia nascendo, o forse sia già nata, una forte competizione interna fra gli analoghi stabilimenti della medesima azienda» spiega Lanzara. In conseguenza di ciò, molti chiedono un intervento pubblico a sostegno della riconversione industriale, modificando le modalità finora usate per l’erogazione di incentivi alle aziende, rivolti quasi esclusivamente all’incremento delle attività di R&D per le PMI.

Per quanto riguarda il sistema di supporto, lo studio prende in esame un fornitore tradizionale, tre fornitori di servizi di progettazione e testing, uno sviluppatore di applicazioni software per automotive, un fornitore di macchine e tecnologie di processo. Un panorama ampio che comprende aziende classiche e spin off universitarie, alcune delle quali hanno attratto investimenti stranieri per la loro capacità nel campo R&D. «Le unità più solide dal punto di vista localizzativo sono quelle che hanno sviluppato sul territorio dei centri R&D di elevata competenza, in grado di reggere il confronto con gli altri centri di sviluppo e di progettazione presenti all’estero. Questa solidità localizzativa sembra ulteriormente rafforzata laddove la R&D sia fortemente integrata col sistema di Manufacturing locale» afferma Lanzara.

Essenziale, quindi, affinché i grandi player trovino ancora conveniente rimanere in Toscana è la possibilità di creare nuove relazioni di filiera che rispondano alle nuove esigenze dovute al cambiamento tecnologico. «Le stesse considerazioni valgono anche per i processi di manufacturing, che hanno la necessità di allargarsi verso filiere di fornitura caratterizzate da attori nuovi dal punto di vista delle competenze e delle capabilities». In Toscana esistono centri di sviluppo o spin off universitarie in grado di fornire il know how necessario ma «questo sistema non è del tutto visibile, perché le imprese non hanno la massa critica necessaria (sono spesso di piccola dimensione) e soprattutto perché lavorano in modo indipendente le une dalle altre – dice Lanzara e conlude -. Per i fornitori di sviluppo (capacità produttiva) vi è evidenza empirica della loro presenza sul territorio toscano, per i fornitori di capacità, le informazioni raccolte sul campo sono ancora insufficienti per dimostrarne l’esistenza, anche se vi sono alcuni deboli segnali di presenza di un indotto ”elettrico”».

Riccardo Lanzara, “La sostenibilità industriale della transizione. I risultati di un’analisi qualitativa in Toscana”
in   “Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2021”, pagg. 160 – 196

 

Luca Della Maggiora